sabato 1 ottobre 2011

FATTI DI SANGUE A VENEZIA (2 parte) - Una storia di amore e morte nella Venezia del '700

Il Pozzo di San Trovaso dove inizia il nostro racconto
Risalendo dalla bella zona panoramica delle Zattere dirimpetto alla Giudecca ci si imbatte nell'armoniosa e pacifica atmosfera di San Trovaso, noto, oggi, come squero sopravvissuto a quei duri eventi che "distrussero" culturalmente Venezia a partire dal '700. In quest'epoca di ultimo splendore avviene un omicidio tremendo che diverrà molto celebre. Punto d'inizio della tragica storia è il pozzo di San Trovaso, quella bella vera che si trova sul campo. 14 giugno 1779. Un lunedì della seconda metà del settecento. E' ormai iniziata la settimana, le attività lavorative riprendono dopo una giornata di riposo in cui nessuno è uscito di casa, per colpa del caldo: tuttavia si sono svolti alcuni festaggiamenti per Sant'Antonio da Padova e c'è stato un po' di trambusto. Oggi tutto torna alla normalità: non vi sono feste importanti e il lavoro può riprendere. Com'è tradizione la vera da pozzo viene aperta verso un'imprecisata ora del mattino dalla custode. Un'occhiata distratta, veloce: in fondo mai nessuno ha avvelenato il pozzo: perchè farlo oggi? La custode della chiave di quella "porticina" metallica del coperchio della vera se ne va. Tornerà fra un po' a prendere l'acqua. Arriva un po' arrancando, pian pianino, una popolana sulla mezza età, grassoccia, sposa di un artigiano e mamma di alcuni figli, alcuni già sposati. Canticchiando un motivetto popolare getta la secchia nel pozzo dopo averla legata a una catenella collegata a un bastoncino di ferro che ruota sul coperchio della vera restando attaccato a un perno che si può far girare con una manovella. La popolana inizia a girare la manovella ma pare che la secchia si sia incastrata in qualcosa: a forza di tirare il secchio torna sul parapetto del pozzo e la popolana si sbraccia all'interno della vera: nel buio non nota che del sangue cola dal secchio. Tocca il recipiente ma è troppo pesante e si sporca di un liquido denso, scuro. Porta alle luce le mani ed osserva: è sangue.Tremando come una foglia si lancia sul secchio e lo spinge dal basso verso l'alto portandolo alla luce. Rimane ammutolita per un secondo e poi lancia il recipiente sul pavimento del campo tirando un urlo orribile che la custode del pozzo che si stava incamminando per andare a casa, ode. Corre nel campo e vede un orribile spettacolo. Una schiena umana girata a pancia in giù sul ponte: un assassino, come un macellaio, ha tagliato il tronco di quel corpo mozzandogli le braccia, le gambe e la testa. La custode, con raccapriccio, tira un calcio e rivolta quel orrendo pezzo di carne e scopre che si tratta del cadavere di un uomo. La prima cosa che pensa di fare è chiedere all'ammutolita scopritrice di quel delitto il sacco che si porta dietro. La donna vi infila dentro il tronco e lo porta a Palazzo Ducale. La Quarantia Criminal riceve la custode che viene avvertita: nel Canale di Santa Chiara un gondoliere ha urtato col remo una testa maschile e l'ha raccolta, alla Corte del Basegò a Santa Margherita sono stati trovati in un pozzo gambe e piedi tagliati, nel Canale della Giudecca delle interiora umane sono state viste galleggiare. I magistrati ordinando di ricomporre quel povero corpo e di chiamare un medico per imbalsamarlo. Il corpo viene esposto nel Ponte della Paglia ma nessuno lo riconosce. Le autorità fanno ricontrollare il cadavere: sulla testa è trovato un frammento di lettera piuttosto lungo: era nascosto tra i capelli. Alcune frasi, ancora leggibili sono pubblicate, assieme a una sigla usata come firma: V. F. G. C.. Un tale Giovanni Cestonaro legge e riconosce in una gazzetta (forse la Gazzetta Veneta) la lettera e la firma che il fratello Francesco che abitava a Venezia, usava per la corrispondenza. Cestonaro spiega che suo fratello Francesco era andato in sposa alla friulana Veneranda Porta in un matrimonio d'interesse: donna Veneranda mai aveva sopportato il signor Francesco e lo tradiva per un cameriere udinese, Stefano Fantini. La Quarantia Criminal dichiara l'ordine di arresto per donna Veneranda e il signor Stefano Fantini, i quali, tradotti in carcere nelle Prigioni Nuove dopo un supplizio nella famigerata Camara del Tormento confessano il delitto, commesso perchè donna Veneranda impalmasse Fantini. Il caso è risolto: la Quarantia Criminal delibera: Veneranda Porta verrà impiccata, Stefano Fantini decapitato il 10 gennaio 1780 per l'omicidio di Francesco Cestonaro. La sentenza è eseguita fra le due colonne di San Marco e San Todaro: il corpo di Fantini è squartato e appeso ai quattro angoli di Venezia. A Venezia si diffonderà la storiella che la Vergine Maria con la sua benevola protezione ha permesso di risolvere il caso facendo rinvenire ai giudici quella lettera. Per questo il terreno su cui la casa di Veneranda Porta, rasa al suolo, sorgeva diventa una calle che è dedicata, come segno di gratitudine alla Madre Celeste.

sabato 2 luglio 2011

FATTI DI SANGUE A VENEZIA (1 parte) - Il prete assassino

Pazzia, forse. O magari raptus omicida. Sicuramente il prete Francesco non doveva essere un uomo normale. La sua chiesa era San Zan Degolà, a Santa Croce. Un uomo malato, quindi, un sacerdote maligno.
Un giorno, 21 novembre 1500, Beneto Morosini, inquilino di una casa nella contrada di San Zan Degolà non risponde quando bussano alla porta. L'uomo non apre. Si chiama un fabbro che manomette la serratura.
Il figlio di Beneto Morosini, di nove anni, è trovato morto, riverso su una pozza di sangue. La casa è in disordine: ci sono segni di una collutazioni. Il Morosini è trovato ancora vivo ma in coma nel letto: l'assassino lo ha ferito  a morte e poi lo ha messo sotto le coperte.
Le malelingue partono: si mormora che Don Francesco sia un pazzo, un uomo mentalmente instabile e che quella mattina sia stato visto uscire dalla casa di Beneto Morosini.
Gli Inquisitori di Stato interrogano Don Francesco il quale viene rapidamente incastrato: è uscito dalla casa la mattina ed è stato l'ultimo a vedere vivo il bambino e a vedere sano il figlio.
Il sacerdote è sempre stato un po' strano ma nessuno ha mai potuto sospettare che fosse un omicida.
San Zan Degolà: la contrada fu teatro del fatto di sangue
Certo, la faccenda è complessa. Morosini sembra esserse salvato dai medici e riprende l'uso della parola: accusa Don Francesco: tutto coincide. Sulla sua veste talare sono inoltre trovate macchie di sangue.
Poco dopo Morosini muore a causa di una ricaduta. Don Francesco viene torturato e picchiato dagli Sbirri degli Inquisitori di Stato. Alla fine, esausto, confessa: ha ucciso il bambino e suo  padre. Le prove ci sono, l'accusa dell'ucciso anche, le testimonianze pure. E si aggiunge anche la confessione.
Il 19 dicembre tra le due colonen in Piazza San Marco è ordinata dal consiglio dei Tre Inquisitori di Stato la decapitazione di don Francesco per il reato di omicidio. Ma è andata davvero così? Proprio don Francesco è il colpevole di tale omicidio oppure ha agito per ordine di qualcun altro? Quale sarebbe il movente? Un semplice raptus omicida oppure una motivo, una giustificazione nata in una mente razionale? E poi il figlio di Beneto Morosini non era forse illeggittimo? E perchè ha deciso di tenerselo in casa senza legittimarlo? Che sia stata la madre del bambino a ordinare l'omicidio del padre? Ma allora perchè il figlio è morto? Oppure è stata la consorte di Beneto? E perchè lei non viene neppure citata nei documenti. Così questo fatto di sangue resterà un mistero ancor oggi irrisolvibile.

venerdì 1 luglio 2011

FATTI ASSURDI A VENEZIA (4 parte) - I begardi invadono Venezia

Una beghina
XIV secolo. Venezia è la più tollerante città d'Europa: permette scandali e crimini contro la Chiesa e diventa sinonimo di Sodoma e Gomorra per gli Europei dell'epoca. Tutti si convincono che Venezia sia la città del libertinaggio. Queste critiche erano vere ma bisogna dire che all'epoca una donna che sceglieva il suo uomo oppure che si era fidanzata più volte diventava una libertina anche se era semplicemente onesta ma desiderosa di farsi rispettare e scegliere i suoi ragazzi, come facevano gli uomini. Sta di fatto che un tale stato non piacque ai Begardi e alle Beghine (un movimento religioso che la Chiesa osteggiava per le sue confuse idee dottrinali che giudicavano la Chiesa in cammino quindi erano contrati a una gerarchia fissa) che nel veneto trovarono il loro leader in francescano di Assisi, fra Pieruzzo. Pieruzzo iniziò a raccogliere gli orfani e d'accordo con le ricche nobili veneziane creò il Sodalizio delle Matrone dell'Umiltà. Le nobili fornivano case e mezzi di trasporto a Venezia e appogiavano economicamente fra Pieruzzo che con l'appoggio economico delle sue sostenitrici patrizie organizzò l'invasione di Venezia da parte di Beghine e Begardi che si misero a chiedere l'elemosina a tutte le porte e a gridare "Pietà! Pietà!". Con le loro manifestazioni religiose paralizzarono la circolazione a Venezia per le calli e i campi ma anche nei canali con le loro gondole che andavano lentamente formando lunghe code di imbarcazioni. Questo vero e proprio sit - ins medievale paralizzò ogni attività politica, commerciale e artigianale in città. Inoltre Fra Pieruzzo teneva discorsi sopra la moralità e iniziava a fomentare rivolte. Il governo veneto temeva che ci sarebbe stata una grande ribellione e data la moltitudine di Begardi si aveva paura che Fra Pieruzzo e i suoi compagni prendessero il sopravvento. Così intervennero gli Sbirri, l'Esercito e i Gendarmi. Entrarono a Venezia e sgomberarono tutti i Begardi e le Beghine che lasciarono la città. I Veneziani tirarono un sospiro di sollievo: gli sgraditi ospiti avevano anche assaltato forni e botteghe di generi alimentari e dopo aver protestato e chiesto la carità si erano portati via tutti i viveri della città e i suoi abitanti temevano di morire di fame. Poco dopo Fra Pieruzzo morì e le Matrone dell'Umilità non formarono più come Begardi i loro trovatelli ma li lasciarono in diversi orfanotrofi. Nel XVI secolo gli istituti di Fra Pieruzzo chiusero: c'erano la concorrenza del Pio Ospitale degli Incurabili, della Pietà, dei Derelitti e dei Mendicanti che, a differenza degli Istituti dei Begardi formavano i ragazzi dando loro un lavoro e nel caso degli Incurabili e della Pietà anche una eccellente formazione musicale con ottimi maestri quali Baldassare Galuppi e Antonio Vivaldi. Gli istituti dei Begardi che giravano il mondo predicando non potevano competere con eccelsi maestri della musica noti a livello internazionale.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (3 parte) - Quando Venezia voleva traslocare a Bisanzio

Un disegno medievale che ritrae Costantinopoli
Istanbul è una bella città: lo sanno tutti. Con le sue atmosfere orientali attira molti turisti... Anche i Veneziani! Nel 1204 Venezia era riuscita a sconfiggere Bisanzio con la IV Crociata e voleva trasferire i suoi domini anche nell'Impero Romano d'Oriente. La proposta di alcuni senatori veneti fu molto curiosa: proposero infatti di costringere l'imperatore Costantino XI Lascaris a lasciare la città di Bisanzio ai Veneziani e portare lì tutti i cittadini della Serenissima ed edificare una copia sull'acqua della città di San Marco. La proposta era supportata dalle idee di vicinanza all'Asia che avrebbe migliorato i commerci con l'Oriente ma anche dalla fertilità del terreno e dalle ricchezze della Turchia molto più grandi di quelle della Laguna Veneta. I senatori "bizantinisti" sostenevano inoltre che la laguna di Venezia fosse un ambiente malsano e brutto rispetto alla bella Bisanzio. Ma il patriottismo veneziano era molto grande: la metà del Senato votò perchè Venezia rimanesse nella Laguna Veneta. L'altra metà votò perchè Venezia si trasferisse. Un solo senatore, non sappiamo chi, votò per ultimo, perché Venezia restasse dove era. Quel solo senatore con il suo vito salvò la Serenissima. Senza di lui forse oggi Venezia non esisterebbe più in Italia ma sarebbe turca... Una storia decisamente Venezia. Il suo salvatore rimase anonimo ma certamente rimase un grande eroe.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (2 parte) - Crolla il ponte di Rialto!

Il Ponte di Rialto quando era ancora di legno
Se la videro proprio brutta quei poveretti venuti a vedere la marchesa di Ferrara. 1444. La folla giunse da tutta venezia per vedere una spagnola, figlia illegittima del re di Spagna, Maria d'Aragona - Trastamara. La donna attraversava in barca il Canal Grande quando i Veneziani si assieparono per vedere la sposa di Leonello d'Este, marchese di Ferrara. Il Il ponte di Rialto era all'epoca più fragile perchè levatoio e perchè di legno.
Ma la gente accorsa era davvero troppa: i travi di legno che sostenevano il ponte di Rialto iniziarono a curvarsi e i sistemi di chiusura del ponte (che era levatoio) si spaccarono sotto il peso troppo esagerato. Il ponte si aprì e trascinò nel canale tutta la struttura. I popolani scivolarono in acqua trascinati dal ponte. Non morì nessuno: si salvarono e furono soccorsi ma il danno al ponte di Rialto fu ingente. La struttura fu riparata velocemente e alla meglio tanto che nel 1524, ottant'anni dopo, i nipoti dei precedenti sventurati caduti in mare a causa del cedimento del ponte di Rialto ebbero la stessa disavventura dei loro anni.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (1 parte) - Caduto dal campanile

La chiesa dei Santi Apostoli
Una storia assurda, curiosa, un po' grottesca forse. La stroria di monsignor Longo, curato del XVIII secolo nella chiesa dei Santi Apostoli sorprende sempre chi la ascolta.
Mentre questo sacerdote amministrava la sua parrocchia veniva ricostruito dall'architetto Giuseppe Pedolo il campanile della chiesa. Monsignor Longo, come ogni sacerdote, era orgoglioso della sua bella chiesa ed era salito sulla cella campanaria della costruzione per ammirare il panorama e vedere i progressi dei lavori. Mentre si trovava nella celletta, priva di parapetti, monsignor Longo forse ebbe un malore o forse scivolò: sta di fatto che cadde dalla loggia. I presenti che guardavano il campanile gridarono preoccupati.
Il prete tuttavia, si salvò. La veste talare si impigliò sulle lancette dell'orologio e il sacerdote iniziò a gridare a piangere. Fortunatamente i muratori che lavoravano nel campanile riuscirono a salvarlo dal rovinsoso crollo che il sacerdote aveva rishciato di fare.
Cosa sia successo dopo non lo sappiamo ma probabilmente monsignor Longo visse con la certezza che doveva essere accaduto un miracolo.

ESSERE NOBILE A TUTTI I COSTI - Il caso Andriana Baoder: da un matrimonio scandaloso a un processo per stregoneria

XVI secolo. Venezia. Chiesa di Santa Maria Formosa. Il nobile Marco Badoer si sposa con una nota cortigiana, figlia di un servitore dei nobili Badoer, dai quali ha ereditato il cognome. La cortigiana si chiama Andriana. Un tale matrimonio fa scandalo.
Vittore Carpaccio: Due cortigiane veneziane
Le critiche piovono su Marco Dandolo accusato di aver elevato con un matrimonio morganatico una cortigiana al rango patrizio. Andriana era diventata "celebre" dopo la morte di tutte le sue concorrenti e rivali cortigiane nel 1576 nella pestilenza che aveva decimato la popolazione. Ma lei si era salvata. Aveva conosciuto Marco Dandolo e i due si erano innamorati l'uno dell'altro. Così si erano sposati.
I famigliari di lui iniziarono a dire ogni maldicenza sulla parente acquisita: il parroco dei Frari è il primo a incontrarsi coi famigliari e confida le sue preoccupazioni: dice di aver esorcizzato la giovane perchè era spiritata. Diverse persone iniziano a odiare la giovane per la sua sfortuna sfacciata e nascono testimonianze.
Per prima cosa si diffonde la voce che il parroco dei Frari oltre che a esorcizzare la Badoer le abbia anche venduto ostie consacrate. Qualche serva riesce a sottrarle delle ostie e le porta ai Dandolo. Le esaminano. Trovano delle strane incisioni sulle ostie (in realtà si tratta delle lettere IHS, iniziale del nome di Cristo) ma la famiglia esagera: si tratta di invocazioni del diavolo: Andriana fa riti satanici, profana le ostie. In poche parole è una strega. I gondolieri sostengono che la donna vada di nascosto nei cimiteri a dissotterrare i morti e a decapitarli. Con le teste fa strani riti. Le cuoche di Marco Dandolo sostengono che la donna faccia bollire quelle teste e ottenga pozioni e distillati. Professoroni e dotti di teologia ed esperti di alchimia iniziano a sostenere che Andriana Badoer faccia sortilegi. Le comari giurano di averla vista procurarsi il sangue dei decapitati in piazza San Marco per fare filtri d'amore con cui stregare Marco. Infine la testimonianza decisiva da parte del conte Avogadro: sua moglie è morta perché la Badoer che era in cattivi rapporti con lei l'ha stregata. I Dandolo sono certi: la Badoer è una strega e la denunciano al Patriarca di Venezia. Il processo si avvia. Ma le testimonianze della serve sono contradittorie e si annullano l'una con l'altra. Sono solo menzogne. Il Sant'Uffizio non le ascolta. Il conte Avogadro viene smentito dalle testimonianze dei medici: la moglie è morta per normalissima malattia. I gondolieri sono smentiti: Andriana non poteva recarsi nei cimiteri: le testimonianze delle sue serve le creano un'alibi di ferro. Quelle delle comari sono solo chiacchiere confuse e insignificanti. Le ostie sono consacrate e non profanate. Andriana è assolta e ritenuta innocente: l'unica sua colpa è aver comprato ostie consacrate ma non c'è niente di grave: basterà un po' di penitenza e tutto sarà scordato. E così Andriana visse felice e liberata dalle malelingue: vivrà felice assiema al suo Marco che diventerà un importante politico e rettore di Feltre. Questa è l'ennesima testimonianza di come la giustizia veneziana fosse più clemente di quella del resto d'Europa nell'epoca fanatica del XVI secolo.

L'ORO DELLA DOMINANTE - Dove sono i tesori perduti della Serenissima?

La Pala d'oro che si è salvata dal saccheggio napoleonico
12 maggio 1797. Il più triste giorno della storia della Serenissima. Il Maggior Consiglio vota la deposizione del doge e la consegna dei poteri dello stato al Governo Provvisorio retto dall'Esercito Francese. Il Leone di San Marco muore dopo lunga agonia. Napoleone ordina la requisizione di tutti beni nella Cappella del Tesoro della Basilica di San Marco. Ma diverse opere non vengono trovate. Napoleone scopre per caso che gran parte del tesoro manca: dove si troveranno quelle patere, quelle pissidi d'oro e gemme preziose trafugate a Costantinopoli durante la IV crociate nel 1204?
Napoleone requisisce il poco rimasto e lo rivende per ottenere denaro per poter pagare i suoi soldati. Ma che fine ha fatto il resto del tesoro?
L'Isola della Certosa
Qui inizia la leggenda. I Governatori alla Zecca di Stato si preoccupano e non vogliono che il loro oro finisca in mano dei Francesi. Così decidono di salvare il tesoro. Riescono a entrare nella Cappella del Tesoro della Basilica di San Marco e d'accordo con le autorità prelevano tutto l'oro dello stato. Poi prendono tutti i metalli preziosi della Zecca e li caricano su delle barche coperte.
Fanno un breve tragitto verso l'Isola dela Certosa e seppelliscono lì l'oro della Serenissima. Nascondono tutto in buche nel terreno e si raccomandano con i frati per la custodia del luogo. I religiosi vengono però mandati via da Napoleone e dai Francesi che sono appena arrivati.
Gli anni passano e il tesoro della Zecca resta sepolto alla Certosa. I militari creano una base militare ma non si accorgono dell'oro. Poi con il recupero ambientale dell'isola il tesoro non viene trovato...
Forse aspetta ancora oggi che qualcuno lo ritrovi, lo salvi... Ma forse è una leggenda e il tesoro è semplicemene in un luogo molto meno misterioso: qualche banca francese. I discendenti dei soldati avranno ancora l'oro derivato da quel tesoro veneziano... Ma c'é sempre una speranza... Toccherà alle future generazioni scoprire che ne è stato di quel tesoro che ancora aspetta...

giovedì 30 giugno 2011

MORTE IN LAGUNA - Il cason dei sette morti

Il Cason dei Sette Morti
E' una storia triste e un po' inquietante quella del Cason dei Sette Morti. Una storia di cadaveri e marinai. Ma andiamo con ordine. XIX secolo. Venezia è italiana ma non dimentichiamoci che è il secolo del Romanticismo che esalta misteri, fantasmi, maledizione e soprannaturale quindi una simile atmosfera avrebbe potuto coinvolgere e suggestionare anche i marinai.
Una nave per la pesca salpa da Venezia. E' un bragozzo e solca lentamente le onde del mare. Sei marinai più il loro capo si preparano ad uscire in laguna in una valle da pesca nella Laguna Sud. Ad accompagnarli un giovane mozzo, Zuanin, che fa quell'umile lavoro per portare qualche soldo in famiglia.
Zuanin gioca con un cagnolino: è un bambino, in fondo, e non è giusto che lavori: dovrebbe giocare. Ma al capo e ai sei marinai non interessa. Sono uomini rudi, duri, anche loro hanno sofferto da piccoli e come per vendetta vogliono far soffrire Zuanin. Il bambino sta ancora giocando quando i pescatori tirano su le reti. Pesano molto. Sotto uno strato di pesce trovano un cadavere. E' già successo. Certo è un fatto macabro ma una cosa non troppo rara in laguna: sarà uscito con la sua barca e poi sarà affondata: il poveretto sarà annegato e la barca giacerà sul fondo del mare mentre il cadavere dello sventurato è risalito a galla, confondendosi con un banco di pesci. I marinai non si preoccupano molto: coprono con un telo il cadavere. Non appena hanno terminato di coprire con un velo il morto il vento inizia a soffiare più forte. I marinai temono che il bragozzo vada tra le velme e le barene perchè sospinto dal vento e che si areni. Così tra quelle zone paludose non potrebbero neppure fuggire: sarebbero vittime delle sabbie mobili e delle acque stagnanti.
D'un tratto vedono una luce in lontananza. E' un vecchio casone costruito dai pescatori, semidistrutto. Il governo italiano non l'ha neanche restaurato, l'ha lasciato sfasciarsi, distruggersi. I pescatori gettano l'ancora, scendono dal bragozzo. Zuanin è ancora a bordo sta giocando con il suo cagnolino. "Sta sempre a giocare!" commenta qualcuno.
I marinai hanno deciso di fermarsi nel casone perché tornare a Venezia è inutile: il mare è mosso e il bragozzo potrebbe affondare. Qualcuno si domanda cosa sia quella strana luce che dal bragozzo si è vista poco prima. La risposta arriva subito: è un fuoco che arde consumando i pezzi marci del legno del casone che cadono per colpa della pioggia. Un marinaio posiziona un treppiede e una pentola sopra il fuoco poi inizia a preparare la polenta. Zuanin arriva solo allora con il suo cagnolino, perché è molto affamato.
Un marinaio sposta un tavolo impolverato vicino al fuoco e ci passa una mano sopra togliendo la polvere. Un altro toglie dal treppiede la polenta e la butta sopra il tavolo. La polenta si attacca e si raffredda piano piano.
Non appena diventa solida tutti si fanno avanti per mangiarla: Zuanin vuole prendersi una fetta ma i marinai lo fermano e lo rimproverano: <<Oggi non hai fatto altro che giocare! Svelto! Fa qualcosa per renderti utile se vuoi mangiare!>>.
Il capo ha un'idea diabolica: fare uno scherzo a Zuanin e gli dice: <<Sul ponte del bragozzo c'è un mio amico addormentato... Vai a chiamarlo e digli che venga a mangiare!>>. Zuanin va e nel frattempo i marinai si mettono a mangiare e a ridere. Un marinaio perde una lettera dalla tasca. Il vicino si mette a leggerla: poi scopre che si tratta di più lettere. Tutte d'amore, scritte da diverse donne. Questa è lussuria.
Il capo inizia a vantarsi della bella idea dello scherzo a Zuanin. Questa è superbia.
Un altro marinaio conta di nascosto dei soldi che è riuscito a rubare prima di salpare col bragozzo. Questa è avarizia.
Il marinaio che ha letto le lettere d'amore del pescatore si intristisce e inizia a odiare il suo vicino per quello che ha: lo sente migliore di lui e non riesce a sopportarlo. Questa è invidia.
Un altro pescatore inghiotte voracemente la polenta, finendola quasi subito e lasciando a stomaco vuoto i compagni. Questa è gola.
Due pescatori si guardano negli occhi: uno dei due fa una critica a quello che gli sta di fronte. Una critica cattiva, malvagia, che parla del fatto che l'altro abbia appena perso la moglie dopo lunga malattia. Questa è accidia.
L'altro risponde prendendo il compagno a schiaffi e iniziando a percuterlo. Questa è ira.
Zuanin, nel frattempo, tenta di svegliare il morto, credendolo vivo. Questo non risponde. Zuanin ha paura: c'è la burrasca. Urla dal ponte e i marinai all'interno del casone lo sentono: <<Non si vuol svegliare!>>.
Il capo risponde gridando: <<Se non si sveglia tu resti sul ponte o torni a Venezia a nuoto!>>.
Zuanin allora inizia a supplicare il morto: <<Signore, la prego, si svegli! Se non lo farà io sarò accusato dai miei compagni più grandi e non potrò neppure mangiare! La prego!>>.
D'un tratto il cadavere si alza: pare animarsi e dice: <<Ragazzo! Vai nel casone e dì che arrivo!>>.
Zuanin è contento e corre con il suo cagnolino nell'edificio in rovina gridando: <<Adesso arriva il vostro amico! Adesso arriva!>>. Il capo pensa subito che Zuanin ha capito lo scherzo e non si è neppure inorridito alla vista del morto. Il cadavere entra davvero. I marinai urlano di schifo: è proprio il morto che hanno ripescato. Il cadavere inizia a parlare: <<Voi altri, sette uomini, siete le incarnazioni dei sette peccati capitali! Il giovanetto è l'innocenza e il suo cane la fedeltà! Lui è stato sfruttato da voi! E voi lo avete fatto soffrire! Adesso vi punirò io!>>. Il cadavere strilla: <<Via la lussuria!>>. Il marinaio che ha perso le lettere si sente soffocare, cade per terra e muore sul colpo. Il cadavere grida il nome del peccato di ciascun pescatore che muore rapidamente. A un certo punto arriva al capo ed esclama: <<Via la superbia!>>. Il capo stecchisce.
Zuanin piange e abbraccia il suo cagnolino. Il morto conclude: <<Questo sia a perenne testimonianza di come l'uomo pecca e sbaglia! E questo casone si chiamerà da ora Casone dei Sette Morti e chiunque si avvicinerà sentirà urla di dolore e contrizione per i propri peccati! Tu, Zuanin, sei salvo! Io ritornerò al mare!>>. Il cadavere si lancia in acqua e si dissolve sciogliendosi e mescolandosi al sale della laguna.
D'un tratto la tempesta finisce e il mare si placa. Zuanin sale sul bragozzo e la mattina dei pescatori lo salvano portandolo a Venezia. Entrano nel Casone e trovano sette morti: li caricano sulla loro nave e ripartono alla volta della città. Mentre si allontanano sentono urla di morte e disperazione che chiedono perdono a Dio dei propri peccati e delle proprie mancanze.
Ancora oggi questi suoni e queste grida terribili si possono sentire passando accanto al Cason dei Sette Morti a qualsiasi ora. Di Zuanin non si sa più niente: forse morì anche lui, forse andò in manicomio. O forse visse felicemente, liberato dall'oppressione dei suoi compagni peccatori e malvagi.

LE STATUE PARLANTI DI VENEZIA - Maroco de le Pipone, il gobbo di Rialto, Sior Antonio Rioba

Maroco de le Pipone a Piazza San Marco
Il Gobbo di Rialto
Sior Antonio Rioba
Rilievo col cammello a Palazzo Mastelli a Cannaregio
In Piazza San Marco tra le due colonne dove anticamente si svolgevano le condanne capitali potete trovare questa curiosa statua, un po' rovinata dall'usura, dalla pioggia... E forse anche dai vandali! Si tratta di Maroco de le Pipone (ovvero Marocco dei Meloni). Secondo la tradizione popolare questo strano personaggio era un venditore di questo frutto. Maroco aveva un'importanza notevole: data la sua vicinanza con il centro del potere, Palazzo Ducale, su  di lui i buontemponi affiggevano fogli con poesiole in rima o critiche al malgoverno. L'esistenza di questa statua era fondamentale perchè una volta non vi era una grandissima libertà d'espressione e benchè Venezia fosse più libera di altri stati non permetteva certo i diritti del mondo contemporaneo. Altra statua parlante è il Gobbo di Rialto: ritrae un uomo inginocchiato che fa lo sforzo di sostenere una pedaa che si può raggiungere salendo dei gradini. Si tratta di un "pulpito nero" sul quale salivano messi e banditori per annunciare giudizi, sentenze e condanne a morte ma anche nuove leggi e anche per dare l'esito delle votazioni per il titolo di doge di un qualsiasi magistrato. Anche il Gobbo di Rialto, quindi, era una in una zona strategica: dopo aver sentito la sentenza il buontempone appendeva il foglio alla statua che era vicinissima al Ponte e al Mercato di Rialto (le Fabbriche Nove) quindi in un campo in cui tanta gente transitava e poteva leggere gli avvisi. Infine l'ultima statua, Sior Antonio Rioba protagonista di una grande disavventura negli ultimi tempi causata dallo sfregio subito col taglio della testa. E' la più famosa delle statue di Venezia ed era un vero dissidente del governo Veneto! Paragonato con il romano Pasquino Rioba diede il suo nome a centinaia di scrittori dilettanti che si firmarono in maniera di non essere riconosciuti. La storia di Rioba si tinge di leggenda. A Palazzo Mastelli del Cammello vivevano tre greci giunti a Venezia dal Peloponneso: si chiamvano Rioba, Sandi e Alfani. Erano fratelli e uomini disonesti sempre dediti a truffe, speculazioni e ogni sorta di attività illecita. La Republica di Venezia non fece nulla e i Veneziani si rivolsero a Dio perchè li liberasse da quei furfanti che facevano del male a tanta gente. Allora il buon Dio decise di mettere alla prova i tre fratelli e preparò un inganno per loro. Un giorno i tre ricevettero una donna che piangeva: disse di essere ricca e nobile ma vedova da poco e di aver perso assieme al marito una gran quantità di denaro nel suo negozio di stoffe. La donna temeva di restare sul lastrico. Allora i tre fratelli le proposero di acquistare dei tessuti di bassa qualità, di quelli che non si vendono neanche a causa della loro bruttezza. Ma i tre greci presentarono i tessuti come pregiate sete cinesi. La donna era così disperata che credette ai tre e diede loro delle monete per acquistare le stoffe. Appena i tre toccarono il denaro iniziarono a pietrificarsi. La donna disse di essere Santa Maria Maddalena e di aver finto tutto: Dio l'aveva inviata per mettere alla prova i tre fratelli ma questi avevano confermato la loro cattiveria e dovevano essere puniti. La pietrificazione terminò e i tre fratelli divennero delle statue: la Santa ordinò ai Veneziani di posizionarle nella zona attorno al Palazzo come monito per gli usurai e per quanti volessero ingannare il prossimo. Così nacque sior Antonio Rioba: il nome del truffatore greco divenne cognome e gli fu aggiunta la qualifica di Sior accompagnata dal patronimio Antonio, molto diffuso nell'epoca (XII secolo) della costruzione del palazzo Mastelli: probabilmente proprio in questo periodo furono create le statue di Sior Antonio Rioba e dei suoi fratelli pietrificati. Dobbiamo infine ricordarci che sempre in questo secolo furono innalzate nella piazzetta di San Marco le colonne e probabilmente proprio allora fu scolpito Maroco de le Pipone. E sempre nel XII secolo è stato forse realizzato il Gobbo di Rialto o comunque una statua simile che è stata poi sostituita con l'attuale. Quindi possiamo dire che il sistema delle Statue Parlanti di Venezia che criticavano il governo e comunicavano con i cittadini e tra di loro rimonta proprio al Basso Medioevo.

mercoledì 29 giugno 2011

VENEZIA E LA COMMEDIA - Alle origini del teatro

Ruzante
Simpatiche servette, vecchi scorbutici, pedanti dottori... Questo il mondo degli stereotipi della Commedia dell'Arte alla base del Teatro moderno e intimamente legata al Carnevale. A Venezia la Commedia prende subito piede: il primo a scrivere è Angelo Beolco che crea la maschera del Ruzante. Il Ruzante era un contadino padovano trapiantato in città: talune volte ha avventure veneziane, altre volte avventure padovane. Le sue opere più note (che risuanono con i loro titoli in dialetto veneto) sono la Betia, al Primo Parlamento de Ruzante, la Pastoral, la Moscheta e la Bilora. Ruzante appare come una figura scandalosa: un contadino ignorante, questo sì, ma astuto tanto da truffare il suo padrone. Uno stereotipo del contadino furbo che piacerà moltissimo ai Veneziani e ai Corner che sosterranno molto il Ruzante. La conseguenza delle sue opere sarà a livello mondiale: il mondo accoglie un nuovo modo di recitare senza copione ma improvvisando. Crollano il teatro dei Misteri Medievali e il teatro Elisabettiano.
Con la Commedia Italiana il teatro cambierà e diverrà popolare, improvviso, spontanteo. Ricordiamo che la Commedia dell'Arte nasce a Padova nel teatro e Odeo Cornaro.
Colombina ed Arlecchino
Nasceranno così diverse categorie di maschere:
  • I servi: Personaggi che si distinguevano a loro volta in:
  1. Primo Zanni: Il servo furbo (esempio: Brighella)
  2. Secondo Zanni: Il servo sciocco (esempio: Pulcinella)
Arlecchino, primo zanni
  • I vecchi e le vecchie: Personaggi solitamente malvagi o comuneque ridicoli e negativi
  • I dottori: Uomini intelligenti e studiati ma stupidi e che venivano spesso raggirati
  • Gli innamorati: Giovani amanti ostacolati dai Vecchi ma aiutati dai Servi
  • Gli altri tipi: Comprendevano i contadini o comunque coloro che non erano nè padroni nè servi, insomma, gli indipendenti (esempio: Ruzante senza padroni ma anche senza servi)
Venezia rimase il centro della Commedia dell'Arte perchè lo stato a differenza che in Francia o che in Spagna non interferì mai con i Comici e perchè anzi ne incoraggiò l'arte. Venezia era sede di molte compagnie e qui venivano molti aspiranti comici per studiare e formarsi (infatti è un'opinione diffusa quella che i Comici della Commedia dell'Arte fossero principianti: in realtà erano grandissimi esperti di teatro e studiavano anni presso le compagnie prima di recitare).
Venezia rimase insomma al centro della Commedia perchè forni comici a tutta Europa (per la sola commedia
nacquero a Venezia decine di teatri). Ma la città natale di questo genere teatrale fu anche la città in cui morì. Goldoni nel 1731 rappresenterà le sue prime opere nel teatro della Sena di Feltre: Il buon padre e la Cantatrice in cui i comici recitano seguendo un copione. Il nuovo modo di far teatro piacerà a tutti e tutta l'Europa rappresenterà le sue commedie sempre uguali, sempre con le stesse parole. Dopo la morte di Goldoni questo genere soppianterà per sempre la Commedia dell'Arte. Le maschere saranno dimenticate. Più tardi nascerà il cinema: gli idoli del pubblico non saranno più le maschere ma i personaggi che gli attori interpretano.
Quindi due i luoghi: Padova dove nacque la Commedia e Feltre dove morì.
Con Goldoni è finito un modo di far teatro ma ne è nato un altro di più moderno, efficace, reale, vero. E forse anche più bello.

VIVALDI, IL PRETE ROSSO - Una semplice biografia

 
Quanti conoscono il celebre oratorio Juditha Triumphans?
Oppure quanti conoscono la Primavera tratta dal concerto Le Quattro Stagioni?
O anche l'Estate, l'Inverno e l'Autunno?
L'autore che oggi conosciamo come un gigante della musica era un semplice "prete rosso", un uomo semplice.
Antonio Vivaldi, il prete rosso
Vivaldi, ricordiamo come scrive Marion Kaminiski nel suo "Arte e architettura a Venezia" nasce nella parrocchia di San Giovanni in Bragora, una umile chiesetta nel sestiere di Castello, non molto distante da San Zaccaria.

Chiesa di San Giovanni in Bragora


Un uomo di umili origini ma di grande genio: diventerà presto violinista dopo aver imparato la musica dal padre.
Antonio diventa prete per volere della madre ma a causa dell'asma non può celebrare messa: sta male durante le celebrazioni e sviene.
Tuttavia il prete rosso esprime tutta la sua genialità nella musica con messe e concerti a sfondo religioso. Nel 1703 i Governatori del Pio Ospitale della Pietà lo scelgono come maestro di musica per le giovani violiniste della struttura. Sarà una nomina inaspettata ma anche graditissima che aprirà a Vivaldi la strada per il successo.
Chiesa di Santa Maria della Visitazione o della Pietà, attigua all'omonimo Ospedale per le "putte" ossia per le giovani abbandonate
 Nel 1705 arriva il grande riconoscimento: Vivaldi è scelto come compositore ed esecutore di concerti per una pensione annua di 150 ducati d'oro. Pochi, per un compositore del suo rango. La nomina di Vivaldi a compositore della Pietà aveva reso felice Francesco Gasparini, un celebre compositore che era più interessato al successo operistico che agli oratori e alle messe e in generale alla musica sacra. Gasparini infatti, era il precedente compositore della Pietà. Dal 1718 iniziò a muoversi con facilità ma non tagliò mai i ponti con l'Ospitale della Pietà che restò il suo preferito. Poi inizierà a comporre per il teatro Sant'Angelo di Venezia (lo stesso dove Canaletto si formerà più tardi dipingendo finali e giochi prospettici che lo prepareranno alle sue celebri vedute) ma nel 1716 arriva il primo grande successo, l'oratorio sacro "Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie" nel quale Giuditta e Venezia sono paragonate. L'oratorio fu composto in occasione della riconquista dell'Isola di Corfù.

Il Teatro alla Moda
Nel frattempo arrivano le prime critiche da parte di Benedetto Marcello (1686 - 1739) celeberrimo compositore veneziano ma che a differenza di Vivaldi era molto ricco e di nobile famiglia. Marcello sosteneva che la bella musica dovesse essere solo per i nobili, i ricchi, per l'élite. Invece per Vivaldi la musica era per tutti: in fondo le bravissime fanciulle della Pietà non erano forse derelitte orfanelle o povere strumentiste?
La storia di Vivaldi prosegue: abbandona la Pietà e va a fare il Maestro di Cappella per il governatore delegato dal Sacro Romano Impero della Nazione Germanica per il controllo del Ducato di Mantova. In questo periodo compone le "Quattro Stagioni" che sono il suo capolavoro. Chi non le conosce e non le ha ascoltate almeno una volta? In questi anni arriva anche la conoscenza di Anna Maddalena Teseire, contralto italiano, più nota come Anna Girò. A Venezia nel frattempo, diventa celeberrima l'opera napoletana: Vivaldi ha troppi concorrenti e deve spostarsi a Vienne dove inizia a lavorare per Carlo VI.
Ma l'imperatore muore, scoppia la guerra, la corte si trasferisce in Ungheria, Vivaldi resta senza lavoro e muore nel 1741 a Vienna.
La sua musica è dimenticata e cade nell'oblio.
La battaglia tra Marcello sostenitore della musica d'élite e tra Vivaldi, sostenitore della musica per tutti non è vinta da nessuno dei due. Quando Vivaldi viene seppellito Marcello è già morto da due anni e non può più replicare contro Vivaldi. Anche la musica di Marcello sarà dimenticata e verrà riportata alla luce molto più tardi, molto dopo quella di Vivaldi. Oggi le sue opere sono in secondo piano rispetto a quelle del Prete Rosso. Ed anche le sue idee sono fortunatamente dimenticate: Vivaldi ci ha lasciato una grande idea che ha influenzato tutta la cultura: qualsiasi persona sia ricca che povera deve godere della bellezza dell'arte.

Forse questa biografia potrà sembrare inesatta, generica e insensata ma l'ho voluta scrivere solo per ricordare qualcuno e la sua muscia. E per rispolverare l'idea che la musica classica è per tutti: anche per chi non la ama.

domenica 29 maggio 2011

PROMOZIONE DELLA PETIZIONE "SALVIAMO VENEZIA"

Il nostro blog è promotore della petizione Salviamo Venezia su firmiamo.it (potete accedere alla petizione clickando sulla finestrella in alto).
Le motivazioni sono state varie: il desiderio di poter contribuire alla salvaguardia di questa città e l'amore per la sua cultura.
A indurci a creare questa petizione sono stati i numerosi casi di vandalismo del quale è stato per esempio vittima il povero Sior Antonio Rioba e il notare come tante tradizioni artigianli stiano man mano scomparendo.
Noi vogliamo attirare l'attenzione dei navigatori del web e delle autorità nonchè, se possibile dell'opinione pubblica: vogliamo che tutti sappiano dei problemi di questa bella città che rischia di finire, così ingloriosamente.
Se anche voi volete aiutare la Serenissima firmate: è semplicissimo.
Tanto Venezia ha perso ma tanto ha ancora da offrire e tanto deve essere salvato.
Firmiamo per Venezia. 300 persone l'hanno già fatto.

domenica 23 gennaio 2011

WEBSITE E BLOG SU VENEZIA

Vi segnalo, prima di cominciare la mia attività, alcuni siti web e alcuni blog su Venezia che ritengo molti belli.
Cominciamo dai blog:
http://venezia.myblog.it/
Interessantissimo blog di una signora veneziana che scrive sempre notizie e racconti strani, misteriosi, appartenenti alla Venezia Nascosta ai più.

Un altro blog (che ho appena scoperto) è in varie lingue (italiano, francese, tedesco e inglese) e colleziona brevi commenti, poesie e soprattutto molte foto su Venezia.
http://tranquiada.blogspot.com/

Vi segnalo infine il blog l'altra Venezia. Contiene interessanti spunti d'approfondimento. Ecco l'indirizzo http://laltravenezia.blogspot.com/.

Ora passiamo ai siti internet. Vi segnalo:
www.venetia.it
www.piovesan.net
www.veneziamuseo.it
www.venicexplorer.net
www.venicewiki.it
www.meetingvenice.it
www.turismovenezia.it
www.labiennale.org
www.museiciviciveneziani.it
www.gallerieaccademia.org
www.palazzogrimani.org
www.querinistampalia.it
www.cadoro.org
www.chorus.org
www.arteorientale.org
Sono siti molto ben curati ed originali, per cui ve li consiglio! Arrivederci e alla prossima!

sabato 22 gennaio 2011

IL RITORNO DI UN VECCHIO BLOG

Buongiorno a tutti i lettori di Venezia giorno per giorno e (seppure in ritardo) buon anno!
Ritorna, dopo 7 mesi di mancanza, il blog che vi aveva accompagnato per un po' raccontandovi alcune curiosità su questo blog.
Intendiamo continuare a comunicare la bellezza di questa città per farla apprezzare e vi chiediamo qualche giorno di pazienza per poter pubblicizzare un po' questo blog!
Se vi interesserà seguirci, potrete inserirci nei siti preferiti!
E allora... Che possiate trascorrere il 2011 contemplando questa splendida città!