sabato 28 gennaio 2012

I PROTESTANTI A VENEZIA - La porta dell'eresia

Supplizio di anabattista in una stampa inglese
Un fiorire di eretici ed apostati: questa la Repubblica di Venezia nel '500. Anabattisti partenopei giunti a Padova per studi universitari, gli anabattisti trentini capitanati da Girolamo Busale e molti altri ancora...
La Serenissima, ricordiamo incaricò sua Serenità, Monsignor il Doge, di nominare i Reverendissimi Canonici del Capitolo della Basilica di San Marco, i quali fungevano da consulenti teologico - ecclesiastici al Senato e provvedevano a stilare liste di sacerdoti e vescovi da nominare. La Chiesa, diveniva quindi, nei Domini Veneti, strumento della politica per legare a sé i cittadini, senza però tutelarne in modo particolare i diritti: l'Inquisizione Veneziana, infatti, avrà vita difficile: il Papa e i principali giuristiriterranno il Sant'Uffizio Marciano un caso disperato: quella di Venezia è restera sempre un'insieme di diocesi, parrocchie, abbazie e monasteri sottoposti alla prestigiosissima istituzione del Patriarcato di Venezia che è e restera sempre Dioces ad nullius e quindi sottoposta ad autorità civili. Ma torniamo a noi: 1550, gli Anabattisti organizzati clandestinamente, si riuniscono a Venezia: la delazione di un prete anconetano passato all'Anabattismo, Don Pietro Manelfi, però, causerà l'intervento del Sant'Uffizio di Roma che invierà nella Serenissima il domenicano Girolamo Muzzarelli: egli, il 18 dicembre 1551, in un colloquio con il Consiglio dei Dieci, convince i politici veneziani a intervenire sulla questione. I politici li respingono e gli Anabattisti raggiungono la Boemia ed hanno salva la vita. Negli anni seguenti vediamo sempre più editori impegnati nella pubblicazione di Bibbie Luterane, testi teologici protestanti eccetera. Al Ponte di San Domenico, in spregio a questi libri ereticali, i Domenicani, rettori del Sant'Uffizio di Venezia, bruciavano annualmente i tomi elencati nel famigerato "Indice dei Libri Proibiti". I Protestanti Veneziani non si organizzeranno mai in grandi comunità ma in piccoli gruppi: il caso di Andrea da Ponte, fratello del doge Niccolò, desta scandalo tra i Veneziani: accusato di eresia fugge da Venezia in un esilio volontario e su di lui cade la damnatio meomoriae. Ma se tra i patrizi  il fenomeno è timido e cauto, per paura di conseguenze politiche, tra i ceti popolari, invece, il fenomeno non esita a mostrarsi. Una simpatica popolana, Franceschina da San Pantalon, sosteneva:
Chiesa Anglicana di Saint George
E' mala cosa andar a messa, perchè Cristo non l'ha ordinata. E' nel Testamento Vecchio che quando se levava el vedelo dorato, tutti acorevano ad adorarlo e se perdevano dietro a quell'idolo. Così noi, quando se leva l'ostia consegrada, corriamo ad adorarla, avendo fede in quelo che vedemo e ce perdemo, per esser un idolo... E se deve pregar Dio perchè lui al è al principal... E bisogna adorar Cristo in verità, non in quel pezo de pasta...  E lui è il nostro purgatorio, e quando morimo andemo in paradiso o al'inferno.
 In questo breve discorso la simpatica popolana già negava parecchi dogmi: l'esistenza del Purgatorio, la Transustaniziazione... Ma l'Università Patavina sarà il vero covo di eretici: il futuro vescovo di Capodistria, Pier Paolo Vergerio, sarà Luterano e poi si convertirà entrerà a far parte di "Santa Romana Chiesa". Cittadella, Bassano, Bergamo: altre città covo di Protestanti: ed ecco l'importanza dell'istituzione dei Tre Savi sopra l'Eresia. La Repubblica svolgerà un azione repressiva: espellerà i colpevoli di Protestantesimo, li farà punire (ma mai con la pena capitale) con multe o prigionia e costringerà i sacerdoti  a rammentare nelle omelie le verità di fede della Chiesa Cattolica. Ed ecco così che la popolazione dimentica quella vecchia moda del Protestantesimo ed ritorna alle antiche tradizioni Cattoliche. Alla fine del '500 la Riforma Protestante può dirsi fallita nei territori della Serenissima: arriva il '600, il secolo del Barocco in cui la teatralità e l'esagerazione delle gerarchie ecclesiastiche tradizionali ha trionfato su una Chiesa semplice, umile pellegrina sulla Terra: solamente più tardi, nell'800 si costituirà la chiesa Anglicana di Saint George, in cui tornano dopo trecento anni i Protestanti.

IL NUOVO VICARIO DI SAN MARCO - Francesco Moraglia nuovo patriarca

Sua Eminenza Francesco Moraglia
Sua Eminenza, Francesco Moraglia, Vescovo della Spezia - Sarzana - Brugnato, Canonico del Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo di Genova e Consultore della Congregazione per il Clero. Un genovese a Venezia: certamente a molti non dirà niente ma ad alcuni farà un po' sorridere: come dimenticare la storica rivalità tra Veneziani e Genovesi... Ma quanti sono stati i Patriarchi non veneziani o non veneti?
Il primo patriarca dell'800, il partenopeo Gamboni (rimasto pochi mesi), Pyrker, proveniente dal villaggio ungherese di Soponya, il viterbese la Fontaine, il cremasco Cé ed il milanese Scola.
Il clero veneto aveva espresso il proprio desiderio di veder nominato Patiarca un veneto ma le suppliche dei sacerdoti delle diocesi suffragenee di Venezia a nulla sono servite.
Ma siamo sicuri che questa sfida che vedrà un genovese a Venezia sarà un nuovo modo di dimostrare come, in fondo, qualsiasi rivalità possa essere superata da legami comuni: anche la religione. Per quanti siano interessati il 25 marzo, nel giorno dell'Annunciazione, patrona principale di Venezia, si insedierà il nuovo Patriarca. Benvenuto Eminenza!

venerdì 20 gennaio 2012

DEVOZIONE RELIGIOSA O ROMANTICISMO D'ALTRI TEMPI? - Curiosa ambiguità di un'iscrizione a Rialto

La poetessa Gaspara Stampa
"Voi ch'ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l'altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de' miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagion è sì sublime."
Così poetava Gaspara Stampa, poetessa padovana del Seicento, nella Poesia I del capitolo dedicato all'Amore della sua più celebre opera: "Le rime".
Una poesia in cui si augura fama per i suoi versi, comprensione e gloria per ciò che scrive: buon auspicio che probabilmente anche l'autore di questi meno nobili ma comunque suggestivi versi avrebbe voluto sentirsi dire:
"SU LE LABRA E NEL COR
SEMPRE MI SIA
IN VITA E IN MORTE
IL NOME TUO MARIA".
L'incisione in questione a Palazzo dei Camerlenghi
Ma c'è chi avanza dubbi? Siamo sicuri che questa bella e semplice iscrizione a lato del Palazzo dei Camerlenghi sia proprio dedicata all'amore? Oppure è un sentimento più religioso, un'augurio a una Maria non terrena, ma alla Madre di Dio?
I versi di Gaspara Stampa sarebbero un meraviglioso commento a questa cuirosa iscrizione: non solo nel caso di un amore terreno ma anche di uno mistico, che va al di là di quanto si possa spesso capire, comprendere...

LA NUOVA VERSIONE PER TELEFONO CELLULARE - Il blog si aggiorna

Dalle 19:15 di oggi, venerdì 20 gennaio 2012 è disponibile la nuova versione per telefonia mobile del nostro blog. Un grazie speciale ai visitatori di questo ultimo periodo e al blog http://sp1938.blogspot.com/ per la "pubblicità" offerta: siamo oltre le 1000 visite!
GRAZIE A TUTTI!

MATTEO DA BASCIO - Un santo o un comune peccatore?

Matteo da Bascio, fondatore dei Frati Minori Cappuccini
Odiato dalla Chiesa e dallo stato ma amato dal popolo: nemico delle istituzioni e dell'ordine costituito, riformatore, mai ufficialmente riconosciuto eppure sostenuto dalla massa ma anche fondatore dei Cappuccini, eremita, predicatore e ricercato dai tribunali veneziani: tutti indizi che ci rivelano una personalità controversa, quella di Matteo da Bascio, nato nella riminense cittadina di Pennabili attorno al 1495. Va nella zona del Pesarese, entra tra i Frati Minori del Primo Ordine (cioè i discendenti diretti di San Francesco che hanno accolto la sua regola) ma va a vivere a Montefalcone, oggi in provincia di Fermo: fa l'eremita, il predicatore, vive in povertà. Molti francescani lo seguono, vanno con lui a pregare nell'eremo: i superiori si lamentano perchè non vi è un'autorizzazione specifica della Chiesa a questa nuova spiritualità.
Matteo Serafini, per tutti da Bascio (dal nome della frazione di Pennabili in cui nasce), sostiene con fermezza che le idee di povertà di San Francesco siano state distorte da un'altra famiglia di frati, i Francescani Convenutali, più disposti anche ad accettare una ricerca della ricchezza terrena... Inoltre i diretti discendenti del grande Assisate (e cioè i Frati Minori tradizionalisti) sarebbero stati corrotti e distolti dall'originario obiettivo.
Nelle sue prediche il fraticello diffonde le sue idee: è il 1520. Sul trono di Pietro sedeva Papa Leone X, al secolo Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, fermamente convinto che l'autorità papale doveva essere rispettata da tutti e che ogni Cristiano dovesse obbedire senza fiatare al volere del Vicario di Cristo.
I Francescani tradizionalisti accusano Matteo da Bascio di voler rievocare il terribile scontro nei secoli XII e XIII tra Conventuali e Spirituali: i primi (dal quale discende l'ordine che il frate riteneva "degenerato") erano nati in contrapposizione ai secondi che avevano un'idea di povertà estrema, tale da essere vista con preoccupazione anche da San Francesco: è ancora vivo quando assiste allo "scisma Francescano" che rischia di dilaniare e distruggere l'ordine. La Chiesa perseguita Matteo da Bascio che deve fuggire a Venezia. Ma anche qui il frate è irriducibile: compie il miracolo del Ponte dell'Angelo (su cui inquisirà anche il Sant'Uffizio di Venezia), compie profezie, vola a mezz'aria, resuscita operai caduti dalle impalcature. E' pseudosantità per gli Inquisitori Veneziani: a complicare ulteriormente la situazione è una curiosa uscita del frate...
Un giorno entra in un'aula di tribunale a Palazzo Ducale, durante un processo con una lanterna: il giudice gli domanda: "Padre che fate con quel lume?" e quello risponde: "Cerco la giustizia che sempre manca in questi processi!". E' oltraggio alla corte: viene esiliato da Venezia.
Quando finalmente è riammesso, in odor di santità (secondo il popolo) muore nella chiesa di San Moisé e viene seppellito a San Francesco della Vigna.
Chiesa di San Francesco della Vigna
Oggi i Cappuccini (così si chiamano oggi i Frati che hanno accolto il suo messaggio) sono una delle famiglie religiose più diffuse: è al quarto posto. Ma c'è un piccolo particolare che ci può far meglio capire come questo santo non sia stato mai amato dal Clero: la prima famiglia per diffusione, quella Gesuita ha un santo come fondatore (Ignazio di Loyola), anche i Salesiani, seconda famiglia (Giovanni Bosco) e anche la terza, i Frati Minori (Francesco d'Assisi). Eppure pare proprio che quella personalità di "pseudosanto" di Matteo da Bascio, non vada ancora giù a Santa Romana Chiesa: probabilmente, come tante volte è accaduto, le pressioni che la Repubblica Veneta avrebbe potuto aver fatto per impedire l'apertura di un processo di beatificazion e poi canonizzazione avrebbero ulteriormente fatto calare l'oblio su questo particolare personaggio e nessuno si è più ricordato di lui e della sua esistenza... Ancora una volta sacro e profano si mescolano in un unico personaggio e ancora una volta non riusciamo a distinguere: un uomo da innalzare agli onori degli altari o uno pseudosanto? Forse un domani sapremo rispondere...