sabato 2 luglio 2011

FATTI DI SANGUE A VENEZIA (1 parte) - Il prete assassino

Pazzia, forse. O magari raptus omicida. Sicuramente il prete Francesco non doveva essere un uomo normale. La sua chiesa era San Zan Degolà, a Santa Croce. Un uomo malato, quindi, un sacerdote maligno.
Un giorno, 21 novembre 1500, Beneto Morosini, inquilino di una casa nella contrada di San Zan Degolà non risponde quando bussano alla porta. L'uomo non apre. Si chiama un fabbro che manomette la serratura.
Il figlio di Beneto Morosini, di nove anni, è trovato morto, riverso su una pozza di sangue. La casa è in disordine: ci sono segni di una collutazioni. Il Morosini è trovato ancora vivo ma in coma nel letto: l'assassino lo ha ferito  a morte e poi lo ha messo sotto le coperte.
Le malelingue partono: si mormora che Don Francesco sia un pazzo, un uomo mentalmente instabile e che quella mattina sia stato visto uscire dalla casa di Beneto Morosini.
Gli Inquisitori di Stato interrogano Don Francesco il quale viene rapidamente incastrato: è uscito dalla casa la mattina ed è stato l'ultimo a vedere vivo il bambino e a vedere sano il figlio.
Il sacerdote è sempre stato un po' strano ma nessuno ha mai potuto sospettare che fosse un omicida.
San Zan Degolà: la contrada fu teatro del fatto di sangue
Certo, la faccenda è complessa. Morosini sembra esserse salvato dai medici e riprende l'uso della parola: accusa Don Francesco: tutto coincide. Sulla sua veste talare sono inoltre trovate macchie di sangue.
Poco dopo Morosini muore a causa di una ricaduta. Don Francesco viene torturato e picchiato dagli Sbirri degli Inquisitori di Stato. Alla fine, esausto, confessa: ha ucciso il bambino e suo  padre. Le prove ci sono, l'accusa dell'ucciso anche, le testimonianze pure. E si aggiunge anche la confessione.
Il 19 dicembre tra le due colonen in Piazza San Marco è ordinata dal consiglio dei Tre Inquisitori di Stato la decapitazione di don Francesco per il reato di omicidio. Ma è andata davvero così? Proprio don Francesco è il colpevole di tale omicidio oppure ha agito per ordine di qualcun altro? Quale sarebbe il movente? Un semplice raptus omicida oppure una motivo, una giustificazione nata in una mente razionale? E poi il figlio di Beneto Morosini non era forse illeggittimo? E perchè ha deciso di tenerselo in casa senza legittimarlo? Che sia stata la madre del bambino a ordinare l'omicidio del padre? Ma allora perchè il figlio è morto? Oppure è stata la consorte di Beneto? E perchè lei non viene neppure citata nei documenti. Così questo fatto di sangue resterà un mistero ancor oggi irrisolvibile.

venerdì 1 luglio 2011

FATTI ASSURDI A VENEZIA (4 parte) - I begardi invadono Venezia

Una beghina
XIV secolo. Venezia è la più tollerante città d'Europa: permette scandali e crimini contro la Chiesa e diventa sinonimo di Sodoma e Gomorra per gli Europei dell'epoca. Tutti si convincono che Venezia sia la città del libertinaggio. Queste critiche erano vere ma bisogna dire che all'epoca una donna che sceglieva il suo uomo oppure che si era fidanzata più volte diventava una libertina anche se era semplicemente onesta ma desiderosa di farsi rispettare e scegliere i suoi ragazzi, come facevano gli uomini. Sta di fatto che un tale stato non piacque ai Begardi e alle Beghine (un movimento religioso che la Chiesa osteggiava per le sue confuse idee dottrinali che giudicavano la Chiesa in cammino quindi erano contrati a una gerarchia fissa) che nel veneto trovarono il loro leader in francescano di Assisi, fra Pieruzzo. Pieruzzo iniziò a raccogliere gli orfani e d'accordo con le ricche nobili veneziane creò il Sodalizio delle Matrone dell'Umiltà. Le nobili fornivano case e mezzi di trasporto a Venezia e appogiavano economicamente fra Pieruzzo che con l'appoggio economico delle sue sostenitrici patrizie organizzò l'invasione di Venezia da parte di Beghine e Begardi che si misero a chiedere l'elemosina a tutte le porte e a gridare "Pietà! Pietà!". Con le loro manifestazioni religiose paralizzarono la circolazione a Venezia per le calli e i campi ma anche nei canali con le loro gondole che andavano lentamente formando lunghe code di imbarcazioni. Questo vero e proprio sit - ins medievale paralizzò ogni attività politica, commerciale e artigianale in città. Inoltre Fra Pieruzzo teneva discorsi sopra la moralità e iniziava a fomentare rivolte. Il governo veneto temeva che ci sarebbe stata una grande ribellione e data la moltitudine di Begardi si aveva paura che Fra Pieruzzo e i suoi compagni prendessero il sopravvento. Così intervennero gli Sbirri, l'Esercito e i Gendarmi. Entrarono a Venezia e sgomberarono tutti i Begardi e le Beghine che lasciarono la città. I Veneziani tirarono un sospiro di sollievo: gli sgraditi ospiti avevano anche assaltato forni e botteghe di generi alimentari e dopo aver protestato e chiesto la carità si erano portati via tutti i viveri della città e i suoi abitanti temevano di morire di fame. Poco dopo Fra Pieruzzo morì e le Matrone dell'Umilità non formarono più come Begardi i loro trovatelli ma li lasciarono in diversi orfanotrofi. Nel XVI secolo gli istituti di Fra Pieruzzo chiusero: c'erano la concorrenza del Pio Ospitale degli Incurabili, della Pietà, dei Derelitti e dei Mendicanti che, a differenza degli Istituti dei Begardi formavano i ragazzi dando loro un lavoro e nel caso degli Incurabili e della Pietà anche una eccellente formazione musicale con ottimi maestri quali Baldassare Galuppi e Antonio Vivaldi. Gli istituti dei Begardi che giravano il mondo predicando non potevano competere con eccelsi maestri della musica noti a livello internazionale.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (3 parte) - Quando Venezia voleva traslocare a Bisanzio

Un disegno medievale che ritrae Costantinopoli
Istanbul è una bella città: lo sanno tutti. Con le sue atmosfere orientali attira molti turisti... Anche i Veneziani! Nel 1204 Venezia era riuscita a sconfiggere Bisanzio con la IV Crociata e voleva trasferire i suoi domini anche nell'Impero Romano d'Oriente. La proposta di alcuni senatori veneti fu molto curiosa: proposero infatti di costringere l'imperatore Costantino XI Lascaris a lasciare la città di Bisanzio ai Veneziani e portare lì tutti i cittadini della Serenissima ed edificare una copia sull'acqua della città di San Marco. La proposta era supportata dalle idee di vicinanza all'Asia che avrebbe migliorato i commerci con l'Oriente ma anche dalla fertilità del terreno e dalle ricchezze della Turchia molto più grandi di quelle della Laguna Veneta. I senatori "bizantinisti" sostenevano inoltre che la laguna di Venezia fosse un ambiente malsano e brutto rispetto alla bella Bisanzio. Ma il patriottismo veneziano era molto grande: la metà del Senato votò perchè Venezia rimanesse nella Laguna Veneta. L'altra metà votò perchè Venezia si trasferisse. Un solo senatore, non sappiamo chi, votò per ultimo, perché Venezia restasse dove era. Quel solo senatore con il suo vito salvò la Serenissima. Senza di lui forse oggi Venezia non esisterebbe più in Italia ma sarebbe turca... Una storia decisamente Venezia. Il suo salvatore rimase anonimo ma certamente rimase un grande eroe.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (2 parte) - Crolla il ponte di Rialto!

Il Ponte di Rialto quando era ancora di legno
Se la videro proprio brutta quei poveretti venuti a vedere la marchesa di Ferrara. 1444. La folla giunse da tutta venezia per vedere una spagnola, figlia illegittima del re di Spagna, Maria d'Aragona - Trastamara. La donna attraversava in barca il Canal Grande quando i Veneziani si assieparono per vedere la sposa di Leonello d'Este, marchese di Ferrara. Il Il ponte di Rialto era all'epoca più fragile perchè levatoio e perchè di legno.
Ma la gente accorsa era davvero troppa: i travi di legno che sostenevano il ponte di Rialto iniziarono a curvarsi e i sistemi di chiusura del ponte (che era levatoio) si spaccarono sotto il peso troppo esagerato. Il ponte si aprì e trascinò nel canale tutta la struttura. I popolani scivolarono in acqua trascinati dal ponte. Non morì nessuno: si salvarono e furono soccorsi ma il danno al ponte di Rialto fu ingente. La struttura fu riparata velocemente e alla meglio tanto che nel 1524, ottant'anni dopo, i nipoti dei precedenti sventurati caduti in mare a causa del cedimento del ponte di Rialto ebbero la stessa disavventura dei loro anni.

FATTI ASSURDI A VENEZIA (1 parte) - Caduto dal campanile

La chiesa dei Santi Apostoli
Una storia assurda, curiosa, un po' grottesca forse. La stroria di monsignor Longo, curato del XVIII secolo nella chiesa dei Santi Apostoli sorprende sempre chi la ascolta.
Mentre questo sacerdote amministrava la sua parrocchia veniva ricostruito dall'architetto Giuseppe Pedolo il campanile della chiesa. Monsignor Longo, come ogni sacerdote, era orgoglioso della sua bella chiesa ed era salito sulla cella campanaria della costruzione per ammirare il panorama e vedere i progressi dei lavori. Mentre si trovava nella celletta, priva di parapetti, monsignor Longo forse ebbe un malore o forse scivolò: sta di fatto che cadde dalla loggia. I presenti che guardavano il campanile gridarono preoccupati.
Il prete tuttavia, si salvò. La veste talare si impigliò sulle lancette dell'orologio e il sacerdote iniziò a gridare a piangere. Fortunatamente i muratori che lavoravano nel campanile riuscirono a salvarlo dal rovinsoso crollo che il sacerdote aveva rishciato di fare.
Cosa sia successo dopo non lo sappiamo ma probabilmente monsignor Longo visse con la certezza che doveva essere accaduto un miracolo.

ESSERE NOBILE A TUTTI I COSTI - Il caso Andriana Baoder: da un matrimonio scandaloso a un processo per stregoneria

XVI secolo. Venezia. Chiesa di Santa Maria Formosa. Il nobile Marco Badoer si sposa con una nota cortigiana, figlia di un servitore dei nobili Badoer, dai quali ha ereditato il cognome. La cortigiana si chiama Andriana. Un tale matrimonio fa scandalo.
Vittore Carpaccio: Due cortigiane veneziane
Le critiche piovono su Marco Dandolo accusato di aver elevato con un matrimonio morganatico una cortigiana al rango patrizio. Andriana era diventata "celebre" dopo la morte di tutte le sue concorrenti e rivali cortigiane nel 1576 nella pestilenza che aveva decimato la popolazione. Ma lei si era salvata. Aveva conosciuto Marco Dandolo e i due si erano innamorati l'uno dell'altro. Così si erano sposati.
I famigliari di lui iniziarono a dire ogni maldicenza sulla parente acquisita: il parroco dei Frari è il primo a incontrarsi coi famigliari e confida le sue preoccupazioni: dice di aver esorcizzato la giovane perchè era spiritata. Diverse persone iniziano a odiare la giovane per la sua sfortuna sfacciata e nascono testimonianze.
Per prima cosa si diffonde la voce che il parroco dei Frari oltre che a esorcizzare la Badoer le abbia anche venduto ostie consacrate. Qualche serva riesce a sottrarle delle ostie e le porta ai Dandolo. Le esaminano. Trovano delle strane incisioni sulle ostie (in realtà si tratta delle lettere IHS, iniziale del nome di Cristo) ma la famiglia esagera: si tratta di invocazioni del diavolo: Andriana fa riti satanici, profana le ostie. In poche parole è una strega. I gondolieri sostengono che la donna vada di nascosto nei cimiteri a dissotterrare i morti e a decapitarli. Con le teste fa strani riti. Le cuoche di Marco Dandolo sostengono che la donna faccia bollire quelle teste e ottenga pozioni e distillati. Professoroni e dotti di teologia ed esperti di alchimia iniziano a sostenere che Andriana Badoer faccia sortilegi. Le comari giurano di averla vista procurarsi il sangue dei decapitati in piazza San Marco per fare filtri d'amore con cui stregare Marco. Infine la testimonianza decisiva da parte del conte Avogadro: sua moglie è morta perché la Badoer che era in cattivi rapporti con lei l'ha stregata. I Dandolo sono certi: la Badoer è una strega e la denunciano al Patriarca di Venezia. Il processo si avvia. Ma le testimonianze della serve sono contradittorie e si annullano l'una con l'altra. Sono solo menzogne. Il Sant'Uffizio non le ascolta. Il conte Avogadro viene smentito dalle testimonianze dei medici: la moglie è morta per normalissima malattia. I gondolieri sono smentiti: Andriana non poteva recarsi nei cimiteri: le testimonianze delle sue serve le creano un'alibi di ferro. Quelle delle comari sono solo chiacchiere confuse e insignificanti. Le ostie sono consacrate e non profanate. Andriana è assolta e ritenuta innocente: l'unica sua colpa è aver comprato ostie consacrate ma non c'è niente di grave: basterà un po' di penitenza e tutto sarà scordato. E così Andriana visse felice e liberata dalle malelingue: vivrà felice assiema al suo Marco che diventerà un importante politico e rettore di Feltre. Questa è l'ennesima testimonianza di come la giustizia veneziana fosse più clemente di quella del resto d'Europa nell'epoca fanatica del XVI secolo.

L'ORO DELLA DOMINANTE - Dove sono i tesori perduti della Serenissima?

La Pala d'oro che si è salvata dal saccheggio napoleonico
12 maggio 1797. Il più triste giorno della storia della Serenissima. Il Maggior Consiglio vota la deposizione del doge e la consegna dei poteri dello stato al Governo Provvisorio retto dall'Esercito Francese. Il Leone di San Marco muore dopo lunga agonia. Napoleone ordina la requisizione di tutti beni nella Cappella del Tesoro della Basilica di San Marco. Ma diverse opere non vengono trovate. Napoleone scopre per caso che gran parte del tesoro manca: dove si troveranno quelle patere, quelle pissidi d'oro e gemme preziose trafugate a Costantinopoli durante la IV crociate nel 1204?
Napoleone requisisce il poco rimasto e lo rivende per ottenere denaro per poter pagare i suoi soldati. Ma che fine ha fatto il resto del tesoro?
L'Isola della Certosa
Qui inizia la leggenda. I Governatori alla Zecca di Stato si preoccupano e non vogliono che il loro oro finisca in mano dei Francesi. Così decidono di salvare il tesoro. Riescono a entrare nella Cappella del Tesoro della Basilica di San Marco e d'accordo con le autorità prelevano tutto l'oro dello stato. Poi prendono tutti i metalli preziosi della Zecca e li caricano su delle barche coperte.
Fanno un breve tragitto verso l'Isola dela Certosa e seppelliscono lì l'oro della Serenissima. Nascondono tutto in buche nel terreno e si raccomandano con i frati per la custodia del luogo. I religiosi vengono però mandati via da Napoleone e dai Francesi che sono appena arrivati.
Gli anni passano e il tesoro della Zecca resta sepolto alla Certosa. I militari creano una base militare ma non si accorgono dell'oro. Poi con il recupero ambientale dell'isola il tesoro non viene trovato...
Forse aspetta ancora oggi che qualcuno lo ritrovi, lo salvi... Ma forse è una leggenda e il tesoro è semplicemene in un luogo molto meno misterioso: qualche banca francese. I discendenti dei soldati avranno ancora l'oro derivato da quel tesoro veneziano... Ma c'é sempre una speranza... Toccherà alle future generazioni scoprire che ne è stato di quel tesoro che ancora aspetta...